FRANCESCO PIAZZA | THE TRAVELLER'S INSTINCT | L'ISTINTO DEL VIAGGIATORE | 2018
FRANCESCO PIAZZA | THE TRAVELLER'S INSTINCT | L'ISTINTO DEL VIAGGIATORE | 2018
“We walk through ourselves,
meeting robbers, ghosts, giants, old men, young men, wives, widows, brothers-in-love,
but always meeting ourselves.”
James Joyce - Ulysses
Each of us is a traveller, a fugitive and a castaway.
Giuseppe Livio is all this. He lives a stone’s throw from his dreams and his imaginations and he lives in an imaginary world that is realer than one might think. His is a universe that is town, countryside, island, sea and mountain. These are places that in his oneiric vision are deprived of their urban connotation, and stripped of that pollution that has produced their deterioration and uniformity. Thus Livio’s gaze cleans his surroundings of ugliness by observing itself and allowing its soul to be penetrated by what is really important. For what is inside him is a structuring operated through progressive sedimentations, decantations and alchemies, thanks to daily life, studies and researches.
“Arcaica” is a project born of instinct. It has the ideational power of sign and gesture. The 13 paintings on display recount a process and, above all, an evolution. They describe what has led the artist to complete that veer (he is a man that loves the sea so it seems the most appropriate term) that has modified his point of view on the things of the world, introducing new elements in his personal landscape. Since in his highly imaginative way of conceiving and in his way of translating the project into a sure and complete gesture, he represents himself and his existence in the world in the symbolic and iconic visions of an alter ego, which each time takes on different forms.
Perhaps Giuseppe is aware of this or perhaps he still reasons on what he is producing but, while I am writing about him, he is making a journey that is the summa of his experiences. Of the towns that he has been through, of the seas that he has sniffed, of the earth with which he has dirtied himself. Observing the landscapes in his works that become more and more complex and introspective, there return to my mind our conversations on trips, on our common love for Istanbul, a black city that pervades you and leaves indelible signs on you. Yearning melancholies. Hate, repulsion and attraction of endless beauty. Passion for colour. The hard work of the workshop. Wood and clay. Thoughts that contain the meaning of a collaboration that is built on the fertile bases of friendship, esteem and respect.
I follow him from afar and I imagine him in his studio. A place ardently longed for and one that he meticulously plans and constructs. As if he were a medieval mechanikos, he traces out on the ground the signs of his refuge, spending time and energy on seeking perfect harmony among the spaces that he fills with colour, atmosphere and serenity. In his studio there resounds the rubbing of arms on the big white paper that is the boundless sea, the stage of the stories that he minutely composes with the black of lava, so dear to him, inside the decided signs of his pencil. To every new drawing he adds one more element, a precious piece that is memory and experience in the most full-bodied meaning of pragmatic and at the same time romantic experience.
Unwittingly, through the extreme figuration and the meticulousness of the line, he makes that kind of journey that makes it possible to reach the high peaks of his consciousness. He constructs his identity, enriching himself with the differences with which he comes into contact, without being destroyed or absorbed by them. His is the adventure of the man in the world.
Livio has discovered the world and reconstructed it through his obstinate and vivacious curiosity. He has steeped himself in colours that now, with mature awareness, he sums up in a grisaille palette. In it the blacks construct the depth and perspective of a vital and highly imaginative experience. It is a stream of consciousness in which the artist’s thoughts flow without punctuation in a story that could be infinite.
He goes ahead with an experience of growth and spiritual liberation linked to his most intimate feelings, pouring out on the paper fears and joys in a process of alchemic transmutation that transforms and veers our perception, imagining a wealth of colours where colour is absent. He makes an extreme choice! Having a predilection for the sign as an expression of content; returning to the origins; challenging conventions and tendencies so as to bring his poetic to a level of extreme sincerity; making reality and imagination cohabit: and in this process for him artifice is pure invention and a cognitive medium of introspection.
Livio appropriates to himself figurative verb and opens up his work to an exuberant but controlled redundancy of signs able to coordinate and harmonize his visual thought and the subsequent artistic work, sublimated in a relationship of an aesthetic type. The result is that observing the drawings, one seems to sneak in among tangles of lianas and snakes’ tails, in the eyes of monkeys ready to go out of the edges of the big papers, and to sink into the deep black of craters. His is a sign alphabet that is cadenced and rhythmical writing of visual and sensory plots, all to the benefit of a story that describes the man and the artist, the physical places and, above all, those of the soul.
I am like this
I feel the soul of the butterfly and the power of the elephant
my skin is as dark as lava
I am that man with the beard and the cat that observes the world
I am everything that I draw
"Noi camminiamo attraverso noi stessi,
incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli adulterini,
ma sempre incontrando noi stessi.”
James Joyce - Ulisse
Ognuno di noi è un viaggiatore, un fuggitivo e un naufrago.
Giuseppe Livio è tutto questo. Vive a due passi dai suoi sogni e dalle sue fantasie e abita un mondo immaginario che è più reale di quanto si possa pensare. Un universo che è città, campagna, isola, mare, montagna. Luoghi che nella sua visione onirica vengono privati della loro connotazione urbana e spogliati di quell'inquinamento che ne ha prodotto il deterioramento e la omologazione. Così lo sguardo di Livio pulisce il suo intorno dalla bruttezza osservando se stesso e lasciando attraversare la sua anima da ciò che è veramente importante. Perché quello che è dentro di lui è una strutturazione operata per progressive sedimentazioni, decantazioni ed alchimie, grazie ai vissuti quotidiani, gli studi e le ricerche.
“Arcaica” è un progetto nato d'istinto. Ha la potenza ideativa del segno e del gesto. Le 13 tavole in mostra raccontano un processo e, soprattutto, un'evoluzione. Descrivono ciò che ha portato l'artista a compiere quella virata (per lui che ama il mare sembra il termine più appropriato) che ha modificato il suo punto di vista sulle cose del mondo, introducendo nuovi elementi al suo personale paesaggio. Poiché nel suo ideare immaginifico e nel suo tradurre il progetto in gesto sicuro e compiuto, egli raffigura se stesso e il suo esistere nel mondo nelle visioni simboliche e iconiche di un alter ego, che assume di volta in volta forme differenti.
Giuseppe forse ne è consapevole o forse ancora ragiona su ciò che sta producendo ma, mentre scrivo di lui, sta compiendo un viaggio che è la summa delle sue esperienze. Delle città che ha percorso, dei mari che ha annusato, della terra con cui si è sporcato. Osservando i paesaggi delle sue opere che diventano sempre più complessi e introspettivi, mi tornano in mente le nostre conversazioni sui viaggi, sul nostro comune amore per Istanbul, città nera che ti pervade e ti lascia segni indelebili. Malinconie struggenti. Odio, repulsione e attrazione di infinita bellezza. La passione per il colore. Il fare operoso del laboratorio. Il legno e la creta. Pensieri che racchiudono il senso di una collaborazione che è costruita sulle basi feconde di amicizia, stima e rispetto.
Lo seguo da lontano e lo immagino nel suo studio. Luogo fortemente voluto e che meticolosamente progetta e costruisce. Quasi fosse un mechanikos medievale, traccia per terra i segni del suo rifugio, spendendo tempo ed energia nel cercare l'armonia perfetta tra gli spazi che riempie di colore, atmosfera e serenità. Nel suo studio riecheggia lo strisciare delle braccia sulla grande carta bianca che è il mare sconfinato, palcoscenico delle storie che egli compone minuziosamente con il nero della lava, a lui così cara, dentro i segni decisi della sua matita. Ad ogni nuovo disegno lui aggiunge un elemento in più, un tassello prezioso che è ricordo ed esperienza nel più corposo significato di un vissuto pragmatico e allo stesso tempo romantico.
Inconsapevolmente compie attraverso la figurazione spinta e la meticolosità del tratto, quel tipo di viaggio che permette di raggiungere le alte vette della propria coscienza. Costruisce la sua identità, arricchendosi delle diversità con cui entra in contatto, senza risultarne distrutto o assorbito. La sua è l'avventura dell'uomo nel mondo.
Livio il mondo lo ha scoperto e ricostruito attraverso la sua ostinata e vivace curiosità. Si è imbevuto di colori che adesso, con matura consapevolezza, sintetizza in una tavolozza grisaille. In cui i neri costruiscono la profondità e la prospettiva di un'esperienza vitale e immaginifica. Un flusso di coscienza in cui i pensieri dell'artista scorrono senza punteggiatura, in un racconto che potrebbe non avere fine.
Egli porta avanti un'esperienza di crescita e di liberazione spirituale legata al suo più intimo sentire, riversando sulla carta paure e gioie in un processo di trasmutazione alchemica che trasforma e vira la nostra percezione, immaginando una ricchezza di colori laddove il colore è assente. Scelta estrema la sua! Prediligere il segno come espressione di contenuto; ritornare alle origini, sfidare convenzioni e tendenze per riportare la sua poetica ad un livello di estrema sincerità, facendo convivere realtà e fantasia: e in questo processo l'artificio è per lui invenzione pura e medium cognitivo di introspezione.
Livio si appropria del verbo figurativo e apre il suo lavoro ad una esuberante ma controllata ridondanza segnica capace di coordinare e armonizzare il suo pensiero visuale e il successivo fare artistico, sublimati in una relazione di tipo estetico. Con il risultato che osservando i disegni, sembra di intrufolarsi tra grovigli di liane e code di serpente, negli occhi di scimmie pronte a uscire dai bordi delle grandi carte, e sprofondare nel nero profondo dei crateri. Un alfabeto segnico che è scrittura cadenzata e ritmica di trame visive e sensoriali, tutto a beneficio di un racconto che descrive l'uomo e l'artista, i luoghi fisici e, soprattutto, quelli dell'anima.
io sono così
sento l'anima della farfalla e la potenza dell'elefante
ho la pelle scura come la lava
sono quell'uomo con la barba e il gatto che osserva il mondo
io sono tutto ciò che disegno